Un tuffo dove l’acqua è più blu

Era mattina. E faceva freddo. Fissavo inespressiva la mia tazza, mentre il mio cervello cercava insistentemente di svegliarmi. Davanti a me una mia compagna cercava di attirare la mia attenzione: -Deborah, torna tra noi – esclamò, e finalmente riuscii a concentrarmi su quello di cui stava parlando la mia squadriglia. – Oggi facciamo qualche gioco acquatico! Il caldo dovrebbe arrivare tra poche ore, per allora noi saremo al fresco!
Di fresco ne avevo già ricevuto parecchio quella notte, ma non dissi nulla; tutte le attività acquatiche erano così invitanti, e sapevo che avevano ragione: tempo pochi minuti e non avrei più avuto bisogno della felpa.
Quindi ci incamminammo verso la nostra metà, “Scuba”. Il tempo di attraversare due sottocampi e ci trovammo davanti a tre o quattro piscine, nelle quali si immergevano con l’attrezzatura da sub almeno una ventina di ragazzi alla volta. I riflessi del sole sulle bombole argentate le facevano sembrare tante pinne di squali alla ricerca di una preda.
Ok, lo ammetto, lo snorkeling è la mia passione; un’immersione non può essere noiosa. Ogni volta è diversa e stupefacente. La possibilità di osservare un mondo del quale tu non sei parte, magari anche per pochi attimi, che ti avvolge in un abbraccio tutt’intorno a te.
Ovviamente, con la maschera e il boccaglio puoi osservare tutto da lontano, o al massimo immergerti per poco tempo e poco distante. Ma da sub… è sempre stata una cosa che volevo provare, e il fatto che fosse solo in una piscina non mi avrebbe scoraggiata. Quindi ci presentammo all’entrata, ci mettemmo il costume e iniziammo la fila.
Intorno a noi c’erano altri ragazzi, eccitati come noi, che cantavano e chiacchieravano senza sosta. – Have you ever done it before? – (l’avete mai provato prima?) Ci chiese una ragazza, sorridendo. Scuotemmo la testa, ricambiando il sorriso. L’attesa fu breve, e coi ritrovammo di fronte alle docce, subito prima della piscina.
– Secondo voi è calda?- domandò speranzosa una mia compagna. – No – rispose un’altra, – certo che no – si intromise un’altra ancora.
– Dai ragazze, non è così male – dissi, cercando di sembrare positiva: – Magari basta solo darci una sciacquatina leggera, non serve essere bagnate davvero – neanche il tempo di finire la frase che la ragazza all’ingresso scosse la testa e ridacchiando ci ordinò di rimanere sotto il getto. Chiudemmo gli occhi e riaprimmo il rubinetto. Una volta inzuppate per bene raggiungemmo la piscina. Lì un simpatico istruttore ci aiutò a indossare la giacca con le bombole e a inserire il boccaglio. E poi giù sott’acqua.
I pochi suoni che ci raggiungevano erano le voci ovattate degli istruttori che spiegavano ai nuovi arrivati le istruzioni base, e le grida e risate dei ragazzi tutt’intorno alle piscine.
Il sole si infrangeva sulle piccole onde create dai nostri movimenti e filtrava attraverso l’acqua, raggiungendo il fondo attraverso nastri dorati che risplendevano intorno a me. Salivo e scendevo senza sosta, mi spostavo sul fondo e guardavo verso l’alto, e mi sembrava di osservare il cielo azzurro attraverso due lenti trasparenti ma increspate. Nelle vicinanze vedevo anche gli altri ragazzi che erano entrati insieme a me; i capi avevano lasciato sul fondo dei piccoli razzi di gomma che se tirati sott’acqua “volavano” per una breve distanza. Ogni tanto ci fermavamo e facevamo qualche tiro, per poi ritornare a esplorare il bordo della vasca. Senza neanche rendercene conto i 20 minuti scaddero, e avvolte nell’asciugamano salutammo.

Deborah Ferrari, Ponte di Fermignano