Amici di tutto il mondo

Il sabato sera al Jamboree è stato il momento di condividere la cena con i nuovi amici statunitensi dello Utah, conosciuti nei giorni precedenti e che si sono dimostrati molto simpatici.
Così, dopo le attività pomeridiane tutte a cena alla Food house italiana per cenare con un “tipico pasto italiano” ovvero pizza e pasta e dei dolci generosamente offerti dai nostri connazionali. Quante risate, sembrava ci conoscessimo da sempre! Si è parlato di tutto, con una tranquillità e una naturalezza unica. Per finire in allegria, allo stand degli Stati Uniti d’America abbiamo ballato insieme a ritmo di Justdance sognando che quella gioia fosse per sempre. Oltre a questo, ci è stato rivolto un invito per partecipare alle attività di riflessione che ogni sera svolgono con la loro “troop” ascoltando con stupore, anche senza capire molto, ciò che avevano da condividere riguardo alla loro giornata.
Infine abbiamo assistito alla loro quotidiana cerimonia di ammaina bandiera più complessa di quella italiana.
Insomma, abbiamo passato una bellissima serata provando direttamente quanto sia bello fare amicizie con persone di tutto il mondo riconoscendo che nonostante le differenze il modo per essere felici è sempre lo stesso: condividere!
Buona caccia!


Chiara Albicini, Reparto “Ponte Pietra”

Festa di contingente al Jamboree

Un caldo forte, un entusiasmo crescente, le magliette verdi acceso ad illuminare il pomeriggio, la gioia di stare insieme: ecco gli ingredienti perfetti che mescolati insieme hanno dato vita alla festa del contingente italiano che si è tenuta presso l’arena centrale del jamboree.
Un momento atteso dai tanti ragazzi italiani presenti al Summit Bechtel Reserve,  in cui si sono alternati saluti istituzionali e protagonismo delle varie unità che hanno raccontato le loro sfide per sbloccare un mondo nuovo. Introdotti da Loredana Sasso, tesoriera federale FIS, che ha scaldato la platea con il suo intervento, si sono succeduti al microfono Matteo Spanò, presidente della Federazione Italiana dello Scautismo, Paolo Fiora, capo contingente federale, Mario di Frenna, capo contingente Cngei e Vincenzo Piccolo, presidente dell’AGESCI. Tutti gli interventi hanno sottolineato, da un lato, la bellezza del contingente italiano e del percorso che li ha coinvolti in questi mesi e, dall’altro l’importanza di fare in modo che questo evento sia un momento e un’occasione per costruire ponti e non muri.
Ponti di culture, esperienze, mondi e amicizie nuove.
Nella seconda parte i ragazzi hanno raccontato le sfide che hanno animato questi mesi: sfide per sbloccare un mondo migliore di quello che hanno trovato, racconti ed imprese emozionanti che hanno impegnato e colorato la vita delle unità e che rappresentano la migliore immagine dell’Italia che si è avvicinata al 24° World Scout Jamboree. Arrivati alla conclusione della festa, sono stati lanciati 27 palloncini a forma di mondo che hanno rimbalzato tra tutti i partecipanti, a simboleggiare le sfide che ci attendono in tutto il mondo, pronti a raccogliere nuove ed appassionanti racconti di speranza e di pace.

Una gita a Mount Jack

Una delle esperienze che è stato possibile vivere al 24° Jamboree è stata una passeggiata piuttosto faticosa fino al Mount Jack, sulla cima del quale si trovano tantissimi giochi e attività da fare.
Sin dalla partenza mattutina, un caldo tremendo già tormentava tutto il nostro reparto. Parte della camminata è stata compiuta sotto l’ombra dei grandi alberi che hanno reso il tutto più magico e affascinante, nonostante ciò il tragitto si è dimostrato piuttosto faticoso. Ma questo non ha fermato le squadriglie del reparto di Echallod, che è arrivato comunque in cima al monte cantando e con un gran sorriso sul volto di tutti.
La soddisfazione è stata tanta da non far fermare scout e guide che sono subito partiti all’esplorazione del Mount Jack.
La prima tappa è stata la piazzetta panoramica dalla quale si scorge gran parte del Summit Bechtel Reserve in cui si svolge il Jamboree.
Seconda tappa: il pranzo. Affamati, i componenti del reparto si sono avventati su tutto ciò che c’era da mangiare. Intorno, tanti altri scout provenienti da varie nazioni del mondo, allora con qualche strumento improvvisato è facile mettersi a ballare e cantare tutti assieme!
Successivamente si riparte per cercare qualche altra attività curiosa.
Si arriva così al villaggio ambientato in epoche passate nel quale si svolgevano attività come la filatura di corde, l’accensione di un fuoco con legnetti e pietre, il taglio di tronchi e altro.
Tutte molto complicate, richiedevano molti sforzi e fatica, ma anche collaborazione tra compagni.
Una delle attività che ci è piaciuta di più è stata il lancio delle accette e dei coltelli, un po’ difficile dato che richiedeva una mira impeccabile.
Infatti, sono stati pochi i ragazzi a riuscirci!
Spostandoci dall’altra parte del monte c’era la zona degli stand sportivi.
La parte più entusiasmante è stata quella della “Spartan Race”, una corsa con due percorsi di 1 o 2 miglia, molto faticosa e difficile, tra i prati, i boschi e i sentieri tutti infangati.
Chi ha avuto la possibilità di svolgerla tutta, una volta arrivato al termine della corsa, mostrava molta soddisfazione, sia per la corsa in sé, che per la solidarietà tra concorrenti (che non si conoscevano) che si era creata.
Arrivato il momento di tornare alle tende, con grande dispiacere, siamo ripartiti cantando canzoni italiane a squarciagola per farci sentire da chiunque.
Infatti, oltre ad esserci fatti riconoscere da altri italiani che si sono aggiunti al reparto, abbiamo attirato molte attenzioni da altri gruppi di scout stranieri, che nonostante non capissero le parole e il senso, cercavano di tenere il ritmo e abbozzare qualche parola delle canzoni.
Molto particolari anche i cartelli che segnalavano possibili attraversamenti di scout.
Una volta ritornati al campo, sudatissimi dal caldo, c’è stato un momento di condivisione dedicato al racconto delle varie attività svolte dalle squadriglie durante la giornata.
Certamente la soddisfazione diffusa tra tutti che questo Jamboree ci sta facendo provare, unitamente all’allegria e alla solidarietà tra tutti noi, ci sta facendo riportare indietro con noi grandi emozioni indimenticabili da poter condividere con tutti una volta tornati in Italia!


Stella Sgammeglia, Reparto “Ponte di Echallod”

Un viaggio di scoperta tra le religioni

Faith and beliefs: una vasta area del campo dedicata al programma che permette di esplorare le varie fedi e religioni. Un luogo di spiritualità, di crescita culturale, ma soprattutto uno dei luoghi principe del Jamboree in cui realizzare lo spirito dell’incontro e della condivisione mediante la conoscenza delle diverse tradizioni e fedi religiose. Proprio qui si possono conoscere le cinque principali religioni del mondo, esplorare la propria fede ed il senso di spiritualità condivisa che ci connette tutti.
Siamo stati a fare un giro ed abbiamo visitato i vari stand: da quello del sikhismo che, oltre a spiegare i principi della religione Sikh, coinvolge i partecipanti nella realizzazione di turbanti con stoffe colorate, a quello sull’Ebraismo con numerosi pannelli illustrativi della storia che ha segnato gli appartenenti a questa religione. Poi si passa per lo stand Hindu e la “Chiesa dei Santi degli ultimi giorni” comunemente conosciuti come mormoni.
Presso lo stand della CICS (la Conferenza Mondiale dello Scautismo Cattolico), numerose attività allietano i visitatori: dal gioco delle campane da suonare per riproporre melodie famose, alla realizzazione di croci di legno o rosari con la corda.
Roberta Vincini, una delle animatrici dello stand, racconta che “lavorare in questo luogo è molto interessante visto il passaggio di ragazzi di tante fedi e religioni. E’ proprio questo il “God’s place” dove condividere il proprio credo in un’ottica di condivisione. Si può anche scoprire cosa significa essere cattolici fuori dall’Italia”. Continuando a spostarsi tra le religioni, nello stand del Buddismo, oltre ad esplorare la meditazione buddhista vengono realizzati dei braccialetti. Eccolo il jamboree: un incontro di persone, di storie e religioni.
Senza Faith and beliefs, non è jamboree!

Francesco Scoppola

La spiritualità che ci accomuna

Oggi il reparto “Ponte di Calatrasi” ha iniziato la sua giornata riflettendo su spiritualità e religione. Subito dopo colazione in molti ci siamo riuniti in un grande spazio, lo “AT&T Stadium” del Summit Bechtel Reserve.
Raggruppati sul prato, i rappresentanti delle varie religioni sono saliti sul palco iniziando il momento di preghiera interreligiosa; i loro discorsi hanno ispirato tutti i presenti, ma la cosa più affascinante è stata venire a contatto con una moltitudine di diversità inaspettate; il modo in cui queste persone pregavano e cantavano, il modo di condividere e raccontare coinvolgendo la folla.
Per esempio, verso la conclusione del momento comune, è stato proiettato sui maxi schermi dell’arena la disposizione delle persone messe non in maniera schematica sul prato con sovrapposto il simbolo della pace, così che la gente potesse formarlo concretamente spostandosi verso i bordi delimitati dal video.
Successivamente tutti quanti hanno iniziato a far girare i foulard boanchi che ci avevano consegnato all’inizio della cerimonia. Il risultato si può facilmente immaginare, centinaia e centinaia di fazzolettoni roteanti che formano il simbolo della pace, in una parola: meraviglioso. 

Al termine della presentazione interreligiosa è stato la possibile partecipare alla santa messa all’aperto, molto interessante anche quella, nonostante il caldo; si è svolta presso il palco del sottocampo C, poco sopra il Summit Centre.
La messa ha riempito l’aria di preghiere e canti nel corso del rituale sacro.

Dopo questa intensa mattinata possiamo dire che abbiamo compreso le nostre differenze, ma che comunque nonostante esse, abbiamo molto più in comune di quello che crediamo, oltre allo scautismo, la fede; se non in Dio negli ideali scout, ma in fin dei conti tutti noi crediamo in qualcosa che ci aiuta a fare del nostro meglio.

Rachele Zucchini, Reparto “Ponte di Calatrasi”

Foto: Rachele Zucchini

Cultural Celebration Day!

Che dire, il nome dice tutto: è stata una giornata all’insegna della multiculturalità: a partire da una colazione e da un pranzo a base dei piatti tipici dei differenti Paesi di provenienza, che ogni reparto ha preparato e ha condiviso con l’intero sottocampo, fino alle attività, ai balli e ai canti che hanno contrassegnato il nostro pomeriggio multietnico.
Colpisce vedere la lunga processione di ragazzi e capi davanti alla nostra tenda per assaggiare un piatto di pasta e rimanere estasiati dopo; l’impegno che ognuno ci mette per accogliere al meglio possibile gli altri e gli sforzi e l’inventiva per trasmettere un pezzetto delle proprie tradizioni.
Nel campo dei giapponesi, per esempio, i ragazzi provano a insegnare con tenacia a fare complicati origami o impugnare correttamente delle bacchette per raccogliere dei ceci; dagli svedesi, invece, si può partecipare ai balli tipici e dagli inglesi bere del tè bollente, che tutti vogliono assaggiare nonostante il caldo.
In ogni luogo, inoltre, si possono scambiare due chiacchiere con gli altri, per imparare qualcosa (come dire “ciao” in svedese) o solamente a sentire un’opinione di un estraneo.
Insomma, l’importante è stato condividere qualcosa: un momento, un pasto, una conversazione o una danza con qualcuno diverso da noi.


Elena Guerra, Reparto “Ponte Gobbo”

Parola d’ordine del giorno? Scoperta!

Il Reparto Ponte Umbertino ha collezionato una nuova avventura da custodire: un tuffo nel passato al Mount Jack.
Stamattina la nebbia si è diramata tra le tende, dandoci il suo gelido risveglio alle 6.00. Un paio di ore dopo eravamo tutti già pronti a partire, curiosi di ciò che avremmo incontrato lungo il sentiero.
Attraversando ponti, percorrendo ripide salite e abbandonando ogni controllo delle nostre gambe per circa 3 ore, siamo giunti alla meta, nonostante ormai credessimo fosse un’utopia.
L’espressione di stupore ha subito invaso i nostri volti, immersi ormai in un mondo appartenente al passato dell’America, a cui anche noi abbiamo preso parte ricostruendo la vita di un tempo al “Frontier Village”: lancio del coltello e dell’ascia, i vari usi del carbone ardente, l’affascinante lavoro artigianale, lo sparo con i fucili e la visita ai teepee sono state le nostre occupazioni principali.
Fatta una pausa pranzo tra i verdi prati, abbiamo passato il resto della giornata all’insegna dello sport, giocando partite interculturali a calcio, scoprendo il golf e stringendo nuove amicizie sotto i tendoni.
Poco dopo, alle 15.30, ci riamo rimessi in marcia per il ritorno, che si è rivelato più breve dell’andata, ma comunque duro, data la stanchezza della giornata. Finalmente arrivati al cuore del Summit Bechtel Reserve la notizia bomba del giorno è arrivata: stasera pizza alla Food House italiana!
Giusto per ricaricarci per il Talent show di stasera al sottocampo F.

Francesca Puglisi – Reparto “Ponte Umbertino”

Un tuffo dove l’acqua è più blu

Era mattina. E faceva freddo. Fissavo inespressiva la mia tazza, mentre il mio cervello cercava insistentemente di svegliarmi. Davanti a me una mia compagna cercava di attirare la mia attenzione: -Deborah, torna tra noi – esclamò, e finalmente riuscii a concentrarmi su quello di cui stava parlando la mia squadriglia. – Oggi facciamo qualche gioco acquatico! Il caldo dovrebbe arrivare tra poche ore, per allora noi saremo al fresco!
Di fresco ne avevo già ricevuto parecchio quella notte, ma non dissi nulla; tutte le attività acquatiche erano così invitanti, e sapevo che avevano ragione: tempo pochi minuti e non avrei più avuto bisogno della felpa.
Quindi ci incamminammo verso la nostra metà, “Scuba”. Il tempo di attraversare due sottocampi e ci trovammo davanti a tre o quattro piscine, nelle quali si immergevano con l’attrezzatura da sub almeno una ventina di ragazzi alla volta. I riflessi del sole sulle bombole argentate le facevano sembrare tante pinne di squali alla ricerca di una preda.
Ok, lo ammetto, lo snorkeling è la mia passione; un’immersione non può essere noiosa. Ogni volta è diversa e stupefacente. La possibilità di osservare un mondo del quale tu non sei parte, magari anche per pochi attimi, che ti avvolge in un abbraccio tutt’intorno a te.
Ovviamente, con la maschera e il boccaglio puoi osservare tutto da lontano, o al massimo immergerti per poco tempo e poco distante. Ma da sub… è sempre stata una cosa che volevo provare, e il fatto che fosse solo in una piscina non mi avrebbe scoraggiata. Quindi ci presentammo all’entrata, ci mettemmo il costume e iniziammo la fila.
Intorno a noi c’erano altri ragazzi, eccitati come noi, che cantavano e chiacchieravano senza sosta. – Have you ever done it before? – (l’avete mai provato prima?) Ci chiese una ragazza, sorridendo. Scuotemmo la testa, ricambiando il sorriso. L’attesa fu breve, e coi ritrovammo di fronte alle docce, subito prima della piscina.
– Secondo voi è calda?- domandò speranzosa una mia compagna. – No – rispose un’altra, – certo che no – si intromise un’altra ancora.
– Dai ragazze, non è così male – dissi, cercando di sembrare positiva: – Magari basta solo darci una sciacquatina leggera, non serve essere bagnate davvero – neanche il tempo di finire la frase che la ragazza all’ingresso scosse la testa e ridacchiando ci ordinò di rimanere sotto il getto. Chiudemmo gli occhi e riaprimmo il rubinetto. Una volta inzuppate per bene raggiungemmo la piscina. Lì un simpatico istruttore ci aiutò a indossare la giacca con le bombole e a inserire il boccaglio. E poi giù sott’acqua.
I pochi suoni che ci raggiungevano erano le voci ovattate degli istruttori che spiegavano ai nuovi arrivati le istruzioni base, e le grida e risate dei ragazzi tutt’intorno alle piscine.
Il sole si infrangeva sulle piccole onde create dai nostri movimenti e filtrava attraverso l’acqua, raggiungendo il fondo attraverso nastri dorati che risplendevano intorno a me. Salivo e scendevo senza sosta, mi spostavo sul fondo e guardavo verso l’alto, e mi sembrava di osservare il cielo azzurro attraverso due lenti trasparenti ma increspate. Nelle vicinanze vedevo anche gli altri ragazzi che erano entrati insieme a me; i capi avevano lasciato sul fondo dei piccoli razzi di gomma che se tirati sott’acqua “volavano” per una breve distanza. Ogni tanto ci fermavamo e facevamo qualche tiro, per poi ritornare a esplorare il bordo della vasca. Senza neanche rendercene conto i 20 minuti scaddero, e avvolte nell’asciugamano salutammo.

Deborah Ferrari, Ponte di Fermignano