Il 31 ottobre e 1-2 novembre si è svolto il Primo Campetto di Formazione per il Reparto Centro del CNGEI. 61 esploratrici ed esploratori da tutto il Centro della penisola si sono riuniti a Bobbio (PC) per scoprirsi e conoscersi tra loro, per scoprire e conoscere lo staff che li porterà in Giappone, per scoprire e conoscere qualcosa sul mondo Jamboree e sulla cultura giapponese.
3 giorni di giochi, di avventura e di laboratori, tra cui uno sulla comunicazione dal motto “Se non lo racconti non lo vivi!”. I ragazzi/e, divisi in 6 gruppi, si sono confrontati su cosa vuol dire comunicare, su come si comunica e su come comunichiamo anche involontariamente (con, ad esempio, il linguaggio del corpo). In una realtà lontana dalla nostra come quella giapponese, la comunicazione sarà una sfida incredibile per i/le nostri/e partecipanti al Jamboree: persone da tutto il mondo che per 20 giorni vivranno gomito a gomito e dovranno trovare il loro modo di comunicare. E anche questo è la “marmellata di popoli” chiamata Jamboree!
Da questo laboratorio sono nati i sei articoli che seguono. Un unico spazio-tempo, ma sei punti di vista differenti, sei sfaccettature della stessa esperienza, sei modi di sentire e vivere il cammino che porterà al Giappone. Buona lettura!
Ognuno di noi è diverso.
Ognuno di noi porta con sé qualcosa di diverso.
Ognuno di noi, quel giorno è salito su quel pullman, ed è iniziata la nostra avventura.
Non pensavamo avremmo legato tanto, in soli cinque minuti.
Eppure le preoccupazioni erano sparite, ed eravamo tutti insieme a cantare come amici, come esploratori, come fratelli.
In questi tre giorni abbiamo imparato tanto. Abbiamo imparato ad esprimerci, a vivere al meglio questa avventura. Ci siamo aiutati, collaborando tutti uniti. Ma non per ottenere qualcosa, o per competizione: perché ci credevamo. E abbiamo riso, giocato e siamo cresciuti.
Sembra strano, in soli tre giorni, ma è così. Ognuno di noi si è arricchito, chi di questo, chi di quello. Ma siamo tutti tornati a casa con lo zaino un po’ più vuoto e il cuore un po’ più pieno.
E, chissà, probabilmente ci rivedremo. O forse no, ma ci rimarrà il ricordo di questi giorni insieme. Dove eravamo tutti noi stessi e tutti eravamo uguali. Dove abbiamo ballato, scherzato e cantato, un coro sfasato e un’unica chitarra, ma che forse è stato il coro più bello della nostra vita.
Siamo riusciti ad organizzare attività insieme. Non eravamo gli esploratori e lo staff, eravamo un unico grande reparto in cui ognuno poteva esprimersi, dove ognuno veniva ascoltato.
L’ultima sera ci è stato chiesto di esprimere i nostri sentimenti attraverso il titolo di una canzone e anche se sembra facile è stata un’impresa ardua. Perché ognuno di noi faceva fatica ad esprimere quelle tante e belle emozioni che provava in quel momento, solo attraverso qualche parola. Ma alla fine bastava un abbraccio, o uno sguardo. O semplicemente guardare fuori, e pensare ‘lo sto vivendo davvero.’ E le parole arrivavano da sole.
Non possiamo dire come è stato in generale. Perché ognuno di noi ha vissuto questo viaggio da un punto di vista differente.
Ció che possiamo dire è che lo rifaremmo una, dieci, cento volte. O che ringraziamo tutti quelli che hanno reso possibile questa avventura nella quale abbiamo trovato delle persone straordinarie, degli amici, e soprattutto noi stessi.
Penelope, Urdea, Niccoló, Samuele, Francesca, Alessia, Laura, Paolo, Marialuisa, Andrea, Anna
Diamo il via alla nostra avventura
59 ragazzi provenienti da luoghi diversi, reparti differenti ed esperienze dissimili partono con il loro zaino ben chiuso, i biglietti del treno stretti in mano, il foulard ben in vista sul petto con i colori che sentono nel cuore, che gli ricordano chi li ha spinti a intraprendere questo viaggio e gli occhi un po’ spaesati che brillano. Credono di essere pronti eppure continuano a ripetersi: “andrà tutto bene…” come se dovessero convincersene, con una leggera tensione ma grandi sorrisi si preparano a intraprendere quest’avventura sapendo che comunque vada torneranno a casa più ricchi di prima…
Quella mattina del 31 ottobre ero più che carico sapendo di partire per questo campetto, infatti non dormii molto. La mattina mi alzai presto per finire di preparare tutto e dopo pranzo andai in stazione per prendere il treno, passammo un buon viaggio in compagnia di altri passeggeri che soffermano il loro sguardo, ogni volta, per qualche secondo in più per l’uniforme che porto molto fiero. Scesi a Piacenza in perfetto orario, lì prendemmo il pullman fino alla casa di Bobbio, giunti lì, tra canzoni e le prime chiacchiere, lo staff iniziò ad assegnarci i primi incarichi con lo scopo di effettuare alcune piccolezze logistiche e piccole attività per iniziare a conoscerci. Dopo esserci sistemati, abbiamo proseguito con una cena di piatti tipici di ogni dove, così da scoprire le tradizioni di ogni componente del reparto. Poco dopo davanti ad un accogliente fuoco stringemmo il patto del campo, nel quale ognuno affermava cosa desiderava ricevere e cosa portava a questo campetto.
La mattina seguente dopo un’abbondante colazione è stato aperto ufficialmente il campo con l’alzabandiera, la giornata è proseguita in mattinata con un gioco di movimento e collaborazione per imparare a fraternizzare tra di noi e sentirci fin da subito una squadra con attività di pionerismo che ci hanno messo subito alla prova. In seguito al pranzo e ad un momento di tempo libero (nel quale era bello vederci accoccolati con chitarra in mano e voce da tirare fuori o a giocare nel piazzale) nel pomeriggio è iniziato un susseguirsi di attività interessanti e coinvolgenti: abbiamo costruito oggetti come acchiappa-sogni, ferma foulard e piccoli marsupi, abbiamo riflettuto sull’argomento della comunicazione e ci siamo immersi in attività di speaking e animation. Perché la giornata non finisse in fretta, e si concludesse nel migliore dei modi con l’attività serale, ci sono stati presentati sei video musicali che avremmo dovuto interpretare nella fantastica gara di ballo che avrebbe animato la nostra ultima serata. Al susseguirsi della buona notte ognuno di noi doveva comunicare come stava vivendo il campo, attraverso un bigliettino sul quale veniva riportato il nome di una canzone… in quel momento l’avrei chiamata “la mia canzone”. L’ultimo giorno abbiamo svolto attività di riepilogo e verifica di tutta fretta dopo pulizie e il ritiro dei pranzi al sacco.
Ci siamo preparati per partire e dopo un’oretta di pullman eccoci lì davanti alla stazione. Era arrivato il momento, tra abbracci e saluti, uno ad uno siamo saliti ognuno sul proprio treno e siamo tornati casa. Continuavo a girarmi e guardare indietro il mio sguardo mi teneva ancora per un po’ vicino ad ognuno dei miei compagni d’avventura.
Siamo tornati a casa portandoci dietro bellissimi ricordi , tutto era passato così in fretta ma nonostante questo portavamo con noi nuovi amici, le tantissime emozioni che ci hanno accompagnato in questo viaggio e quelle tantissime che si sono scoperte solo al ritorno a casa: sentire la mancanza di persone delle quali sapevi da poco solo il nome eppure sono rimaste nel cuore. E ora siamo tutti nelle nostre case, con le nostre famiglie e continuiamo la solita vita di sempre con la solita routine, mentre tra un treno e l’altro, un’ interrogazione e un compito riflettiamo sul fatto che questo campetto ci ha, anche se in piccolo, cambiato la vita: ci ha fatto capire come in neanche tre giorni ragazzi completamente sconosciuti, accomunati solo da una camicia verde, si siano conosciuti così a fondo e abbiano capito di avere una nuova piccola famiglia in tutta Italia.
Dopo questa esperienza la mia idea della vita scout è completamente cambiata: ho capito che comunque la vita di comunità, di riflessioni continue e di giochi, ha il potere di far conoscere a fondo persone mai viste prima, ciò fa in modo che le idee delle persone siano influenzate dai pensieri altrui cosicché ognuno possa sempre migliorarsi. Dopo tutto ciò ognuno di noi è cambiato ma è inevitabile dopotutto siamo scout…
Iris, Francesco, Elenamartina, Riccardo, Margherita, Giulia, Leone, Alessandro, Luna
Venerdi 31 ottobre 2014, 59 ragazzi cominciano il loro cammino verso il Jamboree intasando la stazione di Piacenza.
Appena arrivati si comincia subito a fare conoscenza e dopo un’oretta di pullman arriviamo a Bobbio, dove avremo passato i successivi giorni.
Dopo le presentazioni dei capi e qualche bans, arriva il momento di fare legna per il fuoco che avremmo acceso alla sera, così ci avventuriamo tutti alla ricerca della legna.
Dopo aver raccolto abbastanza legna per almeno 25-30 campi estivi ci prepariamo per la cena. È stata una cena molto bella e particolare perché ognuno doveva portare un piatto tipico della propria città e una piccola presentazione. Quindi, terminata questa spettacolare cena, rimaneva solo una cosa da fare per iniziare ufficialmente il campetto: il primo fuoco! A questo fuoco è venuto a trovarci Willy Fogg, un viaggiatore che ci ha chiesto aiuto per riempire il suo zaino di valori molto importanti.
Il giorno seguente,dopo essere stati divisi in squadre, ci siamo imbattuti in una sfida ad alce rosso, con l’obbiettivo di recuperare più informazioni possibili per trovare un tesoro. Una volta decifrati gli indizi in codice morse, ci siamo messi alla ricerca del tesoro, che dopo una lunga attesa è stato trovato dagli Asini!
È arrivata l’ora di pranzo e dopo aver ripulito il refettorio e cantato qualche canzone abbiamo ripreso le attività. Le attività si dividevano in 6 laboratori: comunication, more than one story, dream catcher, hit bag, foulard stopper e animation. Abbiamo passato un pomeriggio molto bello in cui abbiamo creato ferma foulard, portacoltellini, acchiappa sogni e dando sfogo alla nostra creatività creando scenette e raccontandoci vicende in inglese.
Terminati i laboratori, ad ogni squadra è stata assegnata una canzone per la quale avrebbe dovuto creare una coreografia, per partecipare alla acclamatissima gara di ballo che ci sarebbe stata alla sera.Una gara di ballo epica, in cui tutti hanno saputo mettersi in gioco regalando sorrisi e allegria a tutto il reparto.Prima di darci la buona notte però, ci siamo ricomposti e abbiamo preso parte ad un’attività abbastanza spirituale: ognuno doveva scrivere il titolo di una canzone che rappresentasse il campetto secondo il suo pensiero…
La mattina ci siamo dedicati alla verifica di noi stess, del campetto, dei nostri comportamenti e di quello che ci eravamo proposti di fare il primo giorno.
Ormai non restava più molto tempo, quindi dopo aver fatto l’ammaina bandiera, aver ricevuto il nostro piccolo grande zaino e aver fatto giusto 500 foto… ci siamo avviati al pullman per tornare alla stazione e fare ritorno alle nostre città.
È stato un campo che è passato in un batter d’occhio ma si è creato subito un clima tranquillo e amichevole, che ci ha fatto passare tre bei giorni colmi di allegria e amicizia.
Con la speranza di rivederci presto, vi salutiamoo e vi ringrazio per questo bellissimo campetto che ci avete fatto vivere!
Martina, Cecilia, Giovanni, Marianna, Chiara, Gianni, Luna, Paola, Chiara, Riccardo
I tre giorni di campetto, svoltosi dal 31 ottobre al 2 novembre, sono stati per tutti un grande e magnifico gioco! Arrivati tutti alla stazione di Piacenza, da diverse città lontane tra loro, abbiamo preso il pullman per arrivare insieme a Bobbio Piacentino come un unico grande reparto del “centro”.
In tutto ciò che abbiamo fatto, abbiamo trovato modo di conoscerci, di stringere amicizie che non si scioglieranno facilmente e di poterci sentire parte di una grande famiglia.
La prima giornata, piena di sorprese, si conclude intorno al fuoco, come un bivacco in piena regola. Al centro viene posizionato un grosso cartellone con su disegnato un enorme zaino.
Quello zaino, che con il passare del tempo è diventato più pesante, riempito con ciò che ci siamo portati, ciò che ci vorremmo portar via: energia, voglia di mettersi in gioco, collaborazione e la tipicità di ciascuno. L’ultimo giorno invece abbiamo ricevuto un piccolo sacchetto di juta, che rappresenta il nostro zaino personale.
Un grande zaino comune diventa uno piccolo per ciascuno che tornando a casa si porta dietro.
Dopo questi giorni possiamo dire che: anche se abitiamo a 300 km di distanza e le nostre promesse hanno un colore differente, tutti noi siamo partiti con la stessa voglia di mettersi in gioco e come dice BP: “lo scautismo è un allegro gioco all’aperto dove uomini e ragazzi, possono vivere insieme l’avventura come fratelli crescendo in salute, in felicità, in abilità manuale e in disponibilità a servire il prossimo”.
Con 59 giovani sorrisi, quattro capi: Lollo, Alberto, Andrea e Stefy e con l’aiuto dei vari IST, il campetto si è svolto nella piena serenità. Purtroppo in Giappone andranno solo 36 ragazzi, anche se rappresenteranno tutti noi, come noi abbiamo fatto per i nostri reparti.
Non sappiamo se sia stata un’avventura isolata o la prima avventura di una grande viaggio, ma sappiamo per certo che se non ci rincontreremo, questi nuovi amici e fratelli rimarranno sempre nei nostri cuori, come porterò per sempre il ricordo di questo campetto che, per ora, posso definire una delle esperienze scout più bella della mia vita. Abbiamo imparato a collaborare tra di noi capendo che ognuno è responsabile del proprio pezzetto di lavoro e se “stringi la mano del tuo vicino scoprirai che è meno duro il cammino”.
La vita dei miei fratelli è come la mia: piena di esperienze, tappe di un viaggio lungo o corto, che dipende solo dalla voglia e dall’entusiasmo che una persona ci mette. In poche parole scoutismo.
“Buon viaggio hermano querido
e buon cammino ovunque tu vada
forse un giorno potremo incontrarci
di nuovo lungo la strada.”
Buon sentiero.
Filippo, Pietro, Selene, Alessandro, Daniele, Matteo, Ruben, Veronica, Francesco, Matteo, Cecilia, Francesco
Caro diario,
non puoi nemmeno immaginare quanto sia stata emozionante l’esperienza del primo campetto pre-Jamboree! L’atmosfera che si respirava era di puro stile scout ed è stato bellissimo conoscere altri esplo che hanno iniziato questa avventura con noi, con lo stesso obiettivo e sebbene le diversità di carattere, di provenienza e chi più ne ha più ne metta, è bello sapere che si è accomunati da una meta così importante!
Le attività che ci sono state proposte ci hanno aiutato a tirare fuori il meglio di noi nelle varie “discipline” scout, basate sul divertimento, sulla riflessione, sulla manualità, sulla capacità di relazionarsi… ad esempio, quella che abbiamo preferito è stata quella dei vari laboratori dove ci siamo cimentati nel parlare english, costruire ferma foulard, acchiappasogni, porta-coltellini, abbiamo esternato le nostre doti da attori e discusso sull’importanza del saper comunicare un’esperienza. Tutto questo accompagnati dal nostro amico viaggiatore Willie Fogg che ha riempito il suo zaino, durante i 3 giorni, con energia, collaborazione, tipicità e altre caratteristiche che rendono davvero stiloso uno scout. Un altro momento, oserei dire, indimenticabile è stato quello della gara di ballo con la quale tra coreografie, costumi e soprattutto risate abbiamo trascorso l’ultima serata.
In conclusione, è stata una bellissima esperienza formativa e divertente allo stesso tempo, grazie alla quale abbiamo conosciuto tantissimi nuovi amici che rimarranno indipendentemente se condivideremo o meno il viaggio in Giappone insieme! 🙂
” Abituati a vedere le cose anche dal punto di vista dell’altro…”
B.-P.
Viola, Anna, Federica, Rebecca, Olmo, Nicola, Lorenzo, Roberto, Francesco
E poi arriva quel momento in cui ti rendi conto che il viaggio è davvero finito. Magari sei a letto senza i tuoi compagni di stanza. O ti lavi i denti e non c’è nessuno a chiederti :”Mi presti il dentifricio?”. Magari è mattino e invece di indossare gli scarponi metti le tue scarpe da ginnastica o magari stai mettendo a posto e tiri fuori cose che all’andata non avevi. E allora chiudi gli occhi e ti metti a frugare nello zaino che ti porti a dietro da questo viaggio, da questo campetto. Uno zaino che pesa tanto e per questo è cosi bello da portare.
Così ti immergi tra i calzini sporchi e lo spazzolino. Torni al primo giorno e trovi la sorpresa. Perchè sei lì, a quella stazione, con mille mani da stringere, mille sguardi da incrociare, mille sorrisi, mille ciao. Nessuno sta zitto e tu hai così voglia di conoscerli, così come loro hanno così voglia di conoscere te. Poi ecco, lì, vicino alla tua boraccia, trovi le canzoni, trovi i giochi, trovi i bans. Gente che ha voglia, insieme a te, di correre semplicemente per trovare un tesoro, con quegli indizi in codice morse che nessuno riusciva a capire. Gente che se canti una canzone ti segue a ruota, afferrando al volo una chitarra. Gente che tra una cosa e un’altra ha voglia di insegnarti il suo ban preferito, di giocare a carte o solo di correre dietro ad una palla. Gente che se sta con le mani in mano ha voglia di affondarle subito in qualcosa, magari proprio in altre mani, per formare un cerchio e fare qualcosa di nuovo.
Pensi all’ultima sera, a quando avete ballato per la meravigliosa gara di ballo, e ridi anche ora, da solo, pensando a come tutti foste dei disastri, ma come a tutti sia piaciuto così tanto. Poi di fianco alla gavetta senti il sapore di questo viaggio. Pensi alla prima sera, a come hai assaggiato quei nuovi sapori, mai sentiti, dando prima un morso al Piemonte e poi alla Toscana, condendo tutto con un po’ di Liguria e di Emilia Romagna e terminando con Lombardia e Trentino. E poi le altre sere, sedersi di fianco ai volti che ormai conosci, sentendosi davvero a casa, e mangiare stanco, mentre mangi anche le parole dei tuoi compagni di viaggio, sempre più affamato di conoscerli. Poi in quella tasca c’è il sudore, la fatica. C’è la prima sera, al buio a fare legna, tra torce prestate e urla da una parte all’altra, tra cadute disastrose e mani per rialzarsi. C’è tutta l’energia della prima mattina e del percorso hebert, delle caviglie legate per rendere tutto un po’ più duro e dei cinque schiacciati per darsi il cambio nelle staffette. C’é pulire le gavette, tutti insieme al freddo, fuori e spazzare il refettorio, che alla fine se si è in tanti ti sembra ci voglia anche troppo poco.
E poi eccole, di fianco alla tua sciarpa e alla tua voce roca ci sono le parole. Quelle di aspettativa e di voglia di fare, scritte nel contratto del campetto la prima sera. Quelle sussurrate di notte prima di crollare e i buongiorno urlati la mattina. I nomi, sbagliati tante volte prima di impararli davvero. Quelle dell’attività in inglese e poi, dopo averla terminata, eccone altre, perché ti trovi a parlare questa lingua un po’ sconosciuta senza rendertene conto. E poi di parole ci sono queste, con cui speriamo di avervi portato un po’ con noi durante questo viaggio che abbiamo ripercorso. Forse ora nel vostro zaino avrete un po’ più di colori, di profumi, di musica, di sguardi e di parole del campetto. Avrete un po’ più di noi.
Francesca, Matteo, Alberto, Asher, Francesco, Andrea, Elia, Adele, Sofia, Josafath